Back to language selection

 

Note su questo documento

La lista di lavori scientifici e divulgativi che segue e’ il frutto di oltre 18 anni di collaborazione con persone appartenenti a molte nazioni, ideologie e culture diverse.
Attraverso questa collaborazione siamo riusciti non solo a comprendere alcuni dei meravigliosi meccanismi che regolano la complessita’ della vita naturale, ma abbiamo anche meglio compreso come sia importante, assolutamente necessario direi, un approccio multiculturale e multidisciplinare nella pratica della scienza. La scienza, in effetti, rappresenta di per se’ un mezzo universale di collaborazione, e in questa consapevolezza possiamo asserire che nessuno paese o particolare disciplina puo’ reclamare per se stessa il primato della maggiore importanza rispetto alle altre.

Piu’ di ogni altra cosa, sono grato nei confronti di tutti coloro che hanno contribuito a questo progetto con la loro persistente amicizia e benevolenza. Infatti, i risultati che sono qui di seguito riportati nel presente documento non sarebbero stati ottenuti senza la incredibile generosita’ di coloro che hanno condiviso la loro esperienza e competenza, il loro prezioso tempo e le loro risorse. Purtroppo i nomi di queste persone sono troppi da essere menzionati singolarmente, ma molti di loro compaiono fra gli autori nella lista dei lavori che sono riportati in questo documento.

Considerata la diversita’ delle discipline che sono state interessate in questo progetto, i collaboratori chiave che hanno contribuito al suo avanzamento fin dalle prime fasi iniziali, e amici di lunga data, Hajime Ohigashi, Koichi Koshimizu a me stesso abbiamo pensato da tempo che fosse arrivato il momento di raccogliere il crescente numero di lavori in un unico volume, non solo per fornire un record quasi completo del progetto di cui stiamo parlando, ma anche per dare modo al lettore di avere accesso ad articoli pubblicati in riviste scientifiche di non facile acquisizione per tutti i settori scientifici interessati. Siamo ben consapevoli che esiste un certo grado di ripetitivita’ negli articoli che forniscono un resoconto delle varie scoperte nelle loro fasi di completamento, visto che alcuni di essi ci sono stati richiesti in tempi diversi da diverse societa’ accademiche e per compilazioni di atti di congressi in cui eravamo stati invitati. Abbiamo pero’ deciso che fosse opportuno inserirli tutti nel presente volume, in modo da fornire un record completo della nostra attivita’.

C’e’ naturalmente ancora molto da fare, visto che abbiamo iniziato solo ad intaccare la superficie del problema. Grazie alla collaborazione con dozzine di studenti e colleghi proveneinti da ogni parte del mondo, abbiamo iniziato la compilazione di un database delle liste dei siti di foraggiamento di un selezionato gruppo di primati che va dalle proscimmie del Madagascar alle Scimmie del Nuovo Mondo e del Vecchio Mondo, fino ad includere le Grandi Scimmie africane e del sudest asiatico. Da questa base di partenza, e grazie ai riferimenti trovati in letteratura e ricavati dal nostro proprio lavoro, abbiamo iniziato ad analizzare le proprieta’ nutrizionali e medicinali del ‘cibo’ ingerito da queste specie, nel tentativo di espandere la nostra comprensione a riguardo della profondita’ dei comportamenti di auto-medicamento e salvaguardia della propria salute, cercando, al contempo, continuamente di identificare nuove specie animali e nuove piante con potenziali usi medicatori. E’ nostro fermo intento e desiderio che questo documento possa servire ad incoraggiare coloro che ne sono interessati a continuare ad espendare le nostre conoscienza in questa linea di ricerca.

Nella prima pagina di ciascun lavoro potrete trovare il nome dei tanti istituti che sono stati coinvolti in questo progetto, i quali hanno generosamente finanziato le ricerche che ciascuno di noi ha portato avanti. Nei ringraziamenti alla fine di ciascun lavoro sono state riportate dettagliate informazioni sui fondi disponibili e sugli istutiti coinvolti nei vari paesi. Siamo costretti a rimandare a queste dettaglaite informazioni per ciascun singolo lavoro perche’ questa lista sarebbe troppo lunga e complessa da essere riportata qui indipendentemente. I nostri piu’ sentiti e profondi ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto.

La stampa di questo documento e’ stata resa possibile attraverso i fondi di ricerca forniti a Michael A. Huffman da parte del Ministero della Educazione, Scienza, Sport e Cultura del Giappone. I mie piu’ calorosi ringraziamenti vanno a Fumie Naito e Reiko Nagata per il loro gentile aiuto nella formattazione dei lavori inclusi in questo volume secondo lo standard PDF. Ogni errore finale rimane la mia sola responsabilita’.

M.A.H.

 


Meeting with our colleagues in the Department of Chemistry, University of Dar es Salaam.
Left to right: Koichi Koshimizu, Cosam Joseph, Huffman, Mayunga H.H. Nkunya, Hajime Ohigashi, Hideo Hayashi
(October 1999).


Ogni ricerca ha un inizio, e questo e’ il nostro.

21 Novembre, 1987, 4:50. Il risonante richiamo di uno scimpanze’ solitario infrange la quiete della notte e mi risveglia dal mio sonno ristoratore. In Mahale e’ ancora notte, ma il sole ha gia’ iniziato la sua ascesa sopra l’Oceano Indiano al largo delle costa della Tanzania, circa 1000 km verso est, intenzionato a compiere il suo giro sopra le sterminate savane e foreste dell’entroterra. I raggi delle prime luci dell’alba non raggiungeranno il campo Kansyana per almeno una altra ora e mezza. The montagne del Mahale rappresentano l’ultimo tratto che il sole deve superare prima che i suoi benevoluti e caldi raggi possano illuminare tutta la Tanzania.

Durante le successive due ore, il maschio solitario continua il suo urgente richiamo nella speranza di ottenere risposta da qualcuno dei suoi compagni dispersi nella foresta. Come e’ tipico per gli scimpanze’ che inabitano il Mahale durante la stagione delle piogge, hanno cominciato a dividersi in gruppi di dimensioni minore in cerca di cibo che ora e’ presente in quantita’ limitate. In questo momento, all’inizio della stagione delle piogge, i membri che caratterizzano il gruppo denominato Mahale M, non sono facili da trovare.

Alle 6:50 circa, il maschio solitario passa con calma attraverso il nostro campo nel suo cammino verso nord. C’e’ luce a sufficenza per riconoscerlo: e’ Ntology, il maschio alfa del gruppo M dal lontano 1979.

Alle 7:50, Mohamedi Seifu Kalunde, mio amico e assistente di ricerca, arriva al campo dal vicino villaggio Kasisha. Non perdiamo tempo e ci dirigiamo verso nord prendendo la stessa direzione di Ntologi. Passiamo la prima ora muovendoci verso nord, arrampicandoci su scoscesi pendii verso un punto panoramico alla sommita’ della montagna; questo posto ofre il vantaggio di rendere udibili i richiami degli scimpanze’ presenti nel bacino del fiume Mpila, che scorre sotto di noi.

Alle 9:36, allorquando stavamo attraversando il settore della foresta codificato come G, sentiamo di nuovo una serie di familiari grida di richiamo da un maschio solitario. Immediatamente dopo, udiamo la risposta a lui indirizzata da un piccolo gruppo poco piu’ avanti lungo il fiume, seguito da una nuova serie proveniente da un diverso gruppo ancora piu’ avanti lungo il bacino del fiume. Dalla tipologia dei loro richiami, capiamo che gli scimpanze’ sono divisi in una serie di piccoli gruppi sparsi nella foresta in cerca di frutta.

Altrettanto velocemente di come avevavo annunciato la loro presenza, ben presto scompaiono nel silenzio all’interno della vegetazione folta e scura che caratterizza il territorio. 

Fra le 9:50 e le 12:41 riusciamo a trovare altri individui e cominciamo a registrare il loro comportamento, annotando chi e’ presente nel gruppo, che cosa stanno mangiando, quali femmine sono pronte all’accopiamento e cosi’ via.

Questa tipologia di dati e’ stata registrata giornalmente fin dal 1965, quando la ricerca ha avuto il suo ufficiale inizio.

Moshi Bunengwa, un altro membro del nostro gruppo di assistenti, arriva portando la notizia che ha visto Ntologi accompagnato da 2 giovani maschi, Nsaba e Hito. Proprio come noi, Ntologi e’ riuscito a entrare in contatto con altri membri del suo gruppo.

Solitari o in piccoli gruppi, gli scimpanze’ siedono silenziosamente nella foresta, o si lasciano pensolare, appesi con una sola mano, dai rami degli alberi, pelando la rossa membrana ricoprente i semi di Lulumasia, una specie appartenente alle piante da cocco, raccolti da grappoli gialli. Inizialmente abbiamo potuto essere consapevoli della presenza di questo gruppo solo grazie al suono prodotto dal rumore dei semi scartati che cadevano a terra. Gli scimpanze’ a terra sono anche piu’ difficili da individuare, ma possono essere uditi quando strappano gli steli di Itungulu – ginger africano – o Iswe – l’erba elefantina. Qualche volta riescono a trovare i rossi frutti della Itungulu, una benedizione sia per gli scimpanze’ che per gli uomini. Per tutta la mattinata, diversi individui si combinano e si dividono di nuovo dal gruppo che stiamo osservando.

Alle 12:41, Mohamedi e io udiamo una serie di grida di richiami e saluti in lontananza. Intercettiamo un gruppo che sta discendendo lungo il fiume Mpila. E’ composto da 11 individui, compresi 2 maschi adulti., Lukaja e Kasangazi, un giovane adolescente, Jilba, 3 femmine adulte, Chausiku, Watendele, e Wakilufya coi loro piccoli, Chopin, Masudi, Maggy, e Ashula.


A small party of females and offspring of the M-group
Photo by Angelika Hofer

Le 3 femmine adulte, tutte provenienti da un gruppo ora estinto, chiamato Kajabala, spesso viaggiono assieme quando non sono sessualmente ricettive. Hanno mantenuto la loro amicizia e si sono aiutate l’un l’altra fin da quando, giovani, appartenevano al gruppo denominato Mimikire. Senza dubbio, la loro solidarieta’ e’ stata di conforto in una societa’ in cui i nuovi arrivati sono spesso attaccati dalle femmine a loro superiori, sempre in competizione per il cibo e possibili maschi con cui accoppiarsi.

Watendele, Wakilufya e il maschio adulto Lukaja sono 3 degli individui appartenenti al campione che ho intenzione di osservare in questa stagione. Mohamedi ed io possiamo finalmente iniziare il vero lavoro. Cominciamo seguendo Lukaja, il capo del gruppo, mentre scende rapidamente lungo il corso del fiume. Il resto degli scimpanze’ lo seguono da vicino. Perdiamo di vista Lukaja e i suoi due compagni maschi dopo appena 16 minuti dal primo contatto. Si lasciano le femmine dietro di loro mentre spariscono nel folto della foresta, seguendo il richiamo di un gruppo di piu’ grandi dimensioni.

Continuiamo a seguire le femmine che si muovono velocemente nella foresta, poi facciamo una pausa per ascoltare il gruppo piu’ grande poco piu’ a monte lungo il fiume. Le femmine decidono di non seguire il gruppo e quindi iniziano a muoversi con piu’ calma sotto l’ombra degli alberi, in cerca di qualcosa da mangiare.

Con grande attenzione, Watendele riesce a notare un grappolo di frutti gialli chiamati Ilombo. Velocemente decide di arrampicarsi con Maggy saldamente aggrappata al dorso. Suo figlio, Masudi, continua a lottare per giorco con Ashula e Chopin. Chausiku si arrampica solo per pochi secondi, poi decide di riposarsi. Noto che non si sente bene.

Costruisce un robusto letto per il giorno intrecciando rami e foglie in una piattaforma stabile, alla biforcazione di un grosso ramo. Osserva attentamente suo figlio, ora di 2 anni e mezzo, che si penzola precariamente da un ramo all’altro. Masudi e Maggy le toccano i peidi nel tentativo di invogliarla a giocare. Se un giovane cadesse da una simile altezza, probabilmente si farebbe male. Per questo la madre si mantiene, di solito, nelle vicinanze, quando i piccoli giocano in alto negli alberi. Ma oggi Chausiku sembra non prestare molta attenzione a cio’. Mi sembra decisamente debole e priva di energie vitali. 

Per le 13:20, il gruppo che avevamo inizialmente avvistato, costituito da 11 membri, si e’ ridotto ad appena 2 femmine, Watendele e Chausiku, con i loro 3 figli.

Alle 13:22, Watendele si muovo verso sud con Maggy e Masudi in cerca di fichi e Ilombo. Mahamedi ed io decidiamo di seguirla. Watendele fa marcia indietro e torna ai piedi dell’albero dove aveva lasciato Chausiku 30 minuti prima, come se si aspettasse che fosse ancora li’. Chopin continua a giocare da solo in alto fra i rami degli alberi.

Alle 14:02, Chausiku scende al suolo e si ricongiunge con Watendele che l’aveva pazientemente aspettata. Si muovono tutti assieme verso sud. Chausiku e’ molto lenta e si deve fermare frequentemente per riposare. Gli altri le camminano avanti, fermandosi di tanto in tanto per mangiare, sempre rimanendo in contatto visivo con Chausiku.

Alle 14:13, Chausiku si dirige direttamente verso un arbusto, si siede, e schiaccia a terra diversi rametti della dimensione di un dito. Li posiziona sopra le sue gambe e rimuove la corteccia e le foglie per portare alla luce il succulento strato interno. Ne strappa a morsi piccoli bocconi che mastica per diversi secondi. Nel fare cio’, produce un notevole rumore di risucchio mentre estrae il nettare dal rametto, sputando le fibre. Questo comportamento continua per ben 17 minuti, con qualche breve sosta. 

Non conoscendo la pianta, chiedo a Mohamedi, mentre continuiamo a guardare Chausiku, il suo nome nel dialetto Tongwe. Risponde, “Mjonso”. Mohanedi ha lavorato in questo sito in collaborazione con l’Universita’ di Kyoto sin dall’inizio del progetto, negli anni ’60, e ha accumulato una vasta conoscienza sulla flora e la fauna del luogo attraverso il contatto con gli abitanti del luogo e i ricercatori che hanno frequentato il sito. 

 


Adult males Jiluba chewing on the pith of 'mjonso'
Vernonia amygdalina while heavily infected
with the strongyle nematode
Oesophogostomum stephanostomum.
photo by M.A. Huffman

     


The flowers of Vernonia amygdalina.
photo by M.A. Huffman



Mentre Chausiku continua a mangiare, Watendele le siede vicino mangiando la pianta Iswe, ma non mostra alcun interesse per la pianta chiamata Mjonso. Chopin, invece, sembra interessato, e reclama per se’ pezzetti di pianta che sono appesi ai lati della bocca della madre. Ne prende un pezzo dalla madre e rapidamente si mette a masticarlo. Subito lo sputa, pero’, e decide di continuare a mangiare pezzi della piu’ familiare Iswe.

Non avendo visto gli scimpanze’ cibarsi di questa pianta prima di allora, chiedo a Mohamedi se gli scimpanze’ se ne cibano di frequente, precisando che, durante i miei 10 mesi di osservazione non avevo mai osservato un simile comportamento. Mi conferma, annuendo, che non se ne cibano di frequente. Agiunge che il gruppo K, di solito, mangia anche il gambo, ma che gli scimpanze’ non se ne cibano di frequente perche’ e’ troppo amara. Visto il mio interesse per gli usi e i costumi del suo popolo, gli chiedo se loro avevano degli usi per la pianta in questione. Mi sorride e risponde, “Si’, e’ una Dawa (medicina) molto forte”. “Che tipo di Dawa?”, gli chiedo stupito. Mi risponde dicendo che e’ comunemente usata per la febbre della malaria, mal di stomaco, e parassiti intestinali. 

Rimango esterefatto nel ripensare ai dettagli che abbiamo osservato sul comportamento di Chausiku durante l’ora e mezza appena trascorsa. Diventa impellente il bisogno di sapere cosa succedera’ a Chausiku, e questo pensiero mi galvanizza. Senza nemmeno bisogno di parlare, decidiamo che e’ il caso di seguire Chausiku molto attentamente. Il tempo passa e i sintomi di Chausiku diventano sempre piu’ evidenti. Il basso dorso sembra che le dolga molto, giudicando da come si muove con cautela, si siede, e scala gli alberi. E’ anche molto debole, e ha perso l’appetito. Ad un tratto notiamo anche che le sue urine sono decisamente scure.

Watendele non lascia Chausiku per tutto il giorno, mentre, lentamente, continuano verso sud per raggiungere il lato settentrionale del ponte G.

Alle 15:01, Watendele si arrampica su un albero Lwago e si ciba dei suoi frutti. Chausiku si arrampica con molta piu’ lentezza, dando evidenti segni di dolore, e si costruisce un nuovo letto per il giorno sotto il ramo da cui si ciba Watendele. Trenta minuti dopo, Watendele discende l’albero e si siede al suolo. Chausiku alsa la testa, si muove dal letto di foglie, e discende per un breve tratto, ma non arriva al suolo. Costruisce un nuovo letto di foglie e si distende. Dopo qualche momento di esitazione, Watendele si arrampica di nuovo sull’albero e si costruisce un proprio letto alle 15:33; e la’ rimane fino a che Chausiku discende dall’albero alle 16:49, dopo un altro lungo riposo.

Si muovono di nuovo verso sud, e Chausiku cerca di rimanere al passo con gli alri, ma ben presto rimane indietro. Dopo diverse fermate, aver bevuto e aver assaporato brevemente il gambo del ginger, Chuasiku riesce a raggiungere gli altri alle 17:29. Watendele, Maggy, e Masudi sono gia’ arrampicati in alto negli alberi per la notte. Chopin siede al suolo, aspettando che la madre arrivi. Con un ultimo sforzo, Chausiku si arrampica lentamente e costruisce il suo ultimo letto alle 17:44. Chopin continua ad arrampicarsi ed esplorare per conto suo. Stiamo con loro fino alle 18:00, poi torniamo al campo prima che diventi troppo buio.

In diverse occasione abbiamo avuo l’impressione che Watendele stesse coordinando le sue attivita’ tenendo d’occhio Chausiku. Il gruppo principale e’ stato, in diverse occasioni, udibile nei paraggi, probabilmente a meno di un miglio da noi. In ogni caso, Watendele non ha mai dato segno di voler abbandonare l’amica per riunirsi al gruppo.

Una volta al campo base, la nostra storia e’ accolta con eccitamento e un po’ di incredulita’ dai ricercatori piu’ anziani. Loro avevano osservato gli scimpanze’ usare questa pianta, conosciuta col nome latino di Vermonia amygdalina, ma non avevano mai associato il suo uso con le proprieta’ curative della pianta. Il loro scetticismo ebbe come effetto di rafforzare la mia volonta’ di verificare questa ipotesi fino alla fine.

La mattina dopo, fra le 7:00 e le 8:00, un piccolo gruppo di 4 scimpanze’ iniziarono il loro richiamo dalle montagne a sud-est del campo, mentre erano in caccia del primo cibo della giornata. Mohamedi e io decidemmo di muoversi verso nord.

Per le 9:00 entriamo in contatto con un gruppo di 11 individui. Con nostra grande gioia constatiamo che Chausiku e Watendele fanno parte del gruppo, ora stazionato a soli 60 metri da dove le avevamo lasciate la sera precedente. Oltre a loro e i piccoli, nel gruppo e’ presente il maschio di piu’ alto rango, Kalunde, un maschio adolescente, Jilba, un recente nuovo arrivato, una giovane femmina adulta pronta all’accoppiamento, Patty, e un’altra femmina dulta, Gwekulo (nata circa nel 1962 nel gruppo K).

Oggi Gwekulo sembra avere il compito di stare attenta a Chopin. Non e’ la prima volta che Gwekulo bada ai piccoli di Chausiku quando e’ ammalata. Queste relazioni sono note come “realzioni di baby-sitter”, in cui giovani femmine viaggiano assieme ad una specifica diade madre-figlio e costituiscono un compagno di gioco per il piccolo e un compagno di viaggio per la madre. Quando le giovani femmine diventano recettive, comunque, di solito viaggiono all’interno di un gruppo che contenga anche maschi. Gwekulo non ha mai avuto la fortuna di avere figli propri. Quindi, piuttosto spesso viaggia assieme ad altre femmine con figli.

Mentre Chausiku e’ distesa a terra ai margini del gruppo, Gwekulo siede vicino a Chopin, e lo guarda giocare con Ashula e Masudi. Di tanto in tanto, Patty incoraggia Chopin ad accoppiarsi. Alle 9:59, il gruppo si incammina verso sud. Chopin segue Patty. Chausiku segue il gruppo lentamente per appena qualche minuto, prima di esserne separata, e si riposa quindi per 38 minuti. Appare ancora visibilmente debole e si ferma frequentemente a riposare.

Alle 10:42, la osserviamo mangiare per la prima volta durante la giornata. Chopin sta viaggiando di nuovo con sua madre e fre le 11;03 e la 11:31 seguono il gruppo, fermandosi di tanto intanto per nutrirsi di fichi e Lulumasia.

Chausiku finalmente riesce a riunirsi col gruppo quando tutti decidono di sostare per il pomeriggio.

Alle 12:49, dopo un lungo sonno di 72 minuti, si svegliano tutti in un crescendo di richiami come se fosse scattato l’allarme nel mezzo della notte e tutti dovessero essere pronti a muoversi. Mohamedi e io rimaniamo sorpresi dalla velocita’ degli eventi. Mentre il gruppo scompare nel folto della foresta, ci sforziamo di non perderli, a volte camminando a gattoni, altre volte strisciano nell’intrico della vegetazione. 

Alle 13:06, riusciamo a rientrare in contatto col gruppo che sta riposando di nuovo. Chausiku, Chopin, a Gwekulo, comunque, si alzano immediatamente e lasciano il resto del gruppo per dirigersi verso sud-ovest. 

Li seguiamo, quasi correndo, faticando a tenere il passo anche di Chausiku, e’ quindi evidente che le sue condizioni stanno migliorando. Ora fa pause solo di tanto in tanto, questa volta guardandosi indietro per vedere se i suoi compagni le stanno vicino. Chausiku sembra irritata e distratta, battendo il terreno coi palmi quando Chopin si rifiuta di rimanerle vicino. Gwekulo rimane a meta’ fra i due, aspettando che Chopin raggiunga la madre, la quale continua a muoversi alla testa del gruppo. 

Finalmente, alle 13:51, lasciano il folto della foresta per la savana piu’ aperta, con alberi rarefatti di 4 metri di altezza e erba alta. Chausiku continua a mangiare, consumando erba elefantina e ginger, i piccoli e dolci fichi di Kankolonkombe e i frutti gialli, della dimensione di una palla da baseball, di Ilombo. Terminiamo le osservazioni alle 16:05, quando non ce la facciamo piu’ a tenere il suo passo.

Quello che Mohamedi ed io abbiamo assistito durante quei pochi giorni e’ stato l’inizio di uno studio che e’ poi andato avanti per tutto il decennio passato. Da allora, abbiamo osservato altri individui ammalati cibarsi del gambo amaro della Mjonso, e abbiamo anche identificato altri tipi di pianta, come la Aspilia, che possono essere usati come medicinali dagli scimpanze’.

La produzione di tossine, droghe e altri composti, chiamata metabolismo secondario dai chimici che studiano questi fenomeni, e’ considerata una difesa evoluta dalle piante per impedirne il consumo da parte di insetti ed erbivori. Questi composti riescono quindi ad influenzare notevolmente le piante che gli animali possono scegliere come cibo, e ricercatori di ecologia animale si sono molto concentrati sullo studio di come gli animali possono aggirare queste difese. 

Mohamedi, nel tempo che ho trascorso a Mahale, e’ stato un amico e collaboratore indispensabile. Ha appreso le proprieta’ medicinali delle piante da sua madre e da suo nonno – babu Kalunde; entrambi sono stati i guaritori della loro comunita’. Se non fosse stato per queste conoscenze, sono sicuro che la storia che ho appena raccontato non sarbbe mai accaduta.

 


Mohamedi, Huffman and Luhembe Ishamili at Kansyana camp (December 1995).


Mohamedi mi disse una volta che quando era un ragazzino, babu Kalunde gli racconto’ una storia che riguardava quanto fosse importante, per gli uomini, osservare il comportamento degli animali per apprendere le proprieta’ curative di certe piante. 

La storia racconta che babu Kalunde aveva adottato un giovane porcospino dopo che la madre era stata trovata morta. Dopo qualche tempo, il giovane porcospino si ammalo’, mostrando sintomi come letargia e diarrea. In quello stato, l’animale vago’ fuori dai confini del villaggio e babu Kalunde decise di seguirlo ed osservarlo. Il porcospino scavo’ il terreno per raggiungere le radici di una pianta che i Tongwe chiamano Mulengelele. Notando che il porcospino riusci’ a guarire cibandosi della radice, babu Kalunde decise di raccogleirne lui stesso per provarne l’effetto sulla gente del villaggio. Dopo questo esperimento, Mulengelele divento’ una pianta importante usata dai Tongwe per il trattamento dei parasiti intestinali. 

 


Mohamedi holding a section of
the root of 'mulengelele'

    


Methanol extract of 'mulengelele'


Nel corso della storia del genere umano, i popoli hanno sviluppato elaborati sistemi di cura basati sulla sperimentazione e su quello che osservavano in natura. Noi, appartenenti al cosidetto “Mondo civilizzato”, abbiamo moto da imparare da questa gente e la loro cultura, nonche’ dai nostri cugini scimpanze’ che continuano a vivere a stretto contatto con la natura.

Quello che Mohamedi ed io abbiamo assistito durante quei 2 giorni nel 1987 e’ stato l’inizio di uno studio veramente proficuo che ha continuato a produrre risultati fino ad oggi, e che promette di darne molti altri per lungo tempo ancora. Io ho continuato ad espandere lo scopo della ricerca e attualmente sto collaborando con molti colleghi che si trovano anche in altri campi sparsi in Africa e Asia. Le pratiche di laboratorio di questa ricerca includono al momento collaborazioni con farmacologi, parassitologi, veterinari, fisiologi, botanici e altri in paesi sparsi per il Mondo che includono Giappone, Tanzania, Uganda, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia, Francia, Olanda, Danimarca, Germania, Arabia Saudita, e la Repubblica Ceca. Il nostro obiettivo e’ non solo meglio comprendere come gli animali riescono a far fronte alla malattia, ma anche cercare nuove medicine che siano anche ecologicamente compatibili per il trattamento di malattie come la malaria, schistosomia, liescimia e altre ancora.

Vernonia amygdalina e’ risultata essere una pianta molto importante in questa impresa. E’ nostro primario obiettivo che questa ricerca possa un giorno guidare lo sviluppo di nuove strategie per trattare le malattie parassitarie per gli uomini e gli animali da allevamento, malattie che si sono rivelate resistenti alle attuali medicine. (Questo estratto e’ stato preso da Hofer, Huffman & Gunter 2000 MAHALE – Un incontro fotografico con gli scimpanze’. Prefazione di Jane Goodall, Sterling Press, NY pp. 110-117).